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Il gusto: cosa piace al nostro cervello?

Gusto cosa piace al nostro cervello
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Che cos’è il gusto?

Il gusto nella sua definizione più semplice è “una percezione dei segnali chimici sulla lingua” che ci consente di riconoscere cinque sensazioni di base: dolce, salato, amaro, acido e umami.

Il gusto umami è un concetto relativamente nuovo per i Paesi occidentali che hanno iniziato a riconoscerlo solo nell’ultimo decennio.

Fu scoperto per la prima volta nel 1908 dallo scienziato giapponese Dr. Kikunae Ikeda, mentre cercava di determinare quale fosse esattamente il sapore che rendeva la zuppa di sua moglie così buona.

Scoprì che era il sapore salato creato dal glutammato, un amminoacido che viene rilasciato attraverso la cottura lenta e la fermentazione.

I prodotti che includono parmigiano, funghi, salsa di soia e ketchup e che hanno un gradevole sapore salato che avvolge la lingua e persiste a lungo in bocca hanno un pronunciato sapore umami.

I segnali dolci, salati, amari, acidi e umami sono recepiti dalle papille gustative, che si trovano sulla parte anteriore e posteriore della lingua, nonché sul palato, sui lati e sulla parte posteriore della bocca.

In passato si pensava che la lingua fosse divisa in diverse sezioni, con aree particolari in grado di riconoscere i diversi gusti.

In realtà i recettori che recepiscono questi gusti sono sparsi in tutta la lingua, indipendentemente da dove si trovino i recettori specifici.

Il gusto, cosa piace al nostro cervello

Come si può creare (e comunicare) un prodotto più sano senza compromettere il gusto?

Parliamo di retrogusto.

Per alcuni prodotti il retrogusto è un fattore importante nel determinare la qualità complessiva del gusto.

Il retrogusto può essere definito come l’intensità del gusto che viene percepito immediatamente dopo che il cibo ha attraversato la bocca (generalmente dopo esser stato deglutito).

Il retrogusto viene misurato in base alla qualità, all’intensità e alla durata. I primi due fattori riguardano il gusto reale del prodotto e la sua entità, e il terzo si riferisce alla durata del retrogusto.

Alcuni consigli su cosa piace al cervello dei nostri consumatori

1. SENSAZIONI GUSTATIVE BILANCIATE

Recenti ricerche hanno dimostrato che i prodotti che ottengono un punteggio elevato nella percezione complessiva del gusto hanno sensazioni gustative ben bilanciate – non troppo dolci, salate, acide o amare.

Il nostro cervello interpreta in modo negativo un eccesso di uno di questi gusti di base.

Il corretto equilibrio dei sapori dipende dal tipo di cibo e dalle aspettative del consumatore.

Per esempio, la giusta quantità di acidità aggiunta a un succo d’arancia dal gusto dolce creerà un sapore rinfrescante, senza renderlo troppo sgradevole.

Durante un test recente effettuato su due succhi di frutta all’arancia in uno è stato aggiunto un colorante rosso.

Quello colorato era percepito maggiormente dolce e ricco di frutta.

2. AMIAMO I PRODOTTI DI QUALITÀ

Viviamo in un’era in cui il consumatore è sempre più attento alla salute, e lo si riscontra dalla recente moda che ha spinto i produttori a sviluppare gamme di prodotti “leggeri”, “a basso contenuto di grassi” e “a basso contenuto di zuccheri”, spesso utilizzando ingredienti alternativi non naturali, come i dolcificanti artificiali.

I consumatori, però, hanno iniziato a rendersi conto che questi ingredienti “alternativi” sono spesso meno sani dello zucchero e dei grassi che sostituiscono: i meccanismi di difesa del nostro cervello hanno agito, rendendo di fatto queste strategie poco efficaci.

L’etichetta “perfetta” per il nostro prodotto deve prevedere ingredienti semplici e naturali, che non siano eccessivamente elaborati, impostando “un’etichettatura pulita”.

Altro consiglio per coinvolgere, in modo etico, il cervello del nostro consumatore è creare porzioni più piccole che permettano di mangiare prodotti gustosi senza eccedere e cadere nel senso di colpa.

3. FAR CORRISPONDERE I SAPORI ALLE ASPETTATIVE DEL CONSUMATORE

In un articolo precedente abbiamo parlato dell’importanza dell’aspettativa.

Se il sapore e le aspettative sensoriali non sono confermati, le probabilità di successo del prodotto sono scarse, poiché causano segnali confusi.

Per esempio, se ci aspettiamo che un frullato alla frutta abbia un sapore dolce e invece scopriamo che ha un sapore amaro, si crea una mancanza di fiducia nel prodotto, che dunque difficilmente ci piacerà.

L’aspettativa è un lato fondamentale del funzionamento cerebrale.

Se vuoi approfondire il tema, questo articolo è un estratto del mio libro “Neurofood: il neuromarketing applicato al mondo dell’enogastronomia” edito da Hoepli.

Neurofood

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